Giacimenti culturali

Il termine “giacimenti culturali” fu coniato da Gianni De Michelis nell’ormai remoto  1986, con l’art. 5 della legge finanziaria, ovvero un piano di intervento per tentare di lenire la disoccupazione giovanile. La locuzione venne rilanciata dal Antonio Paolucci, ministro dei Beni Culturali nel governo tecnico presieduto da Lamberto Dini (1995 – 1996), che  paragonò i  beni culturali al “petrolio d’Italia”, idrocarburo di cui, come è noto, l’italico suolo difetta. Ma sia De Michelis sia Paolucci in realtà facevano riferimento alla nostra sedimentazione culturale, unica al mondo per eterogeneità e consistenza. Un autentico tesoro, contrariamente a quanto affermato da altri ministri della Repubblica (Tremonti), da sfruttare economicamente quasi fosse, appunto, un giacimento di petrolio che, se lasciato sommerso non è utile a nessuno. Correrebbe l’obbligo dunque di farlo affiorare per poterlo appunto sfruttare e metterlo a reddito. Marmilla Cultura intende avviare più progetti di “emersione” e di sfruttamento di questo immane patrimonio culturale.