La copertina de Les reines de la main gauche di Pierre Naville, un 16° licenziato a Alençon da l’Imprimerie Alençonnaise nel 1924 “in petit nombre”, con una dedica dell’autore a Raymond Quenau, offerto dalla libreria parigina Le Feu Follet alla non indifferente cifra di 1150 euro, tradisce la temperie culturale che la tipografia europea stava vivendo. Il titolo, un lineare in grassetto collocato di traverso su due righe nel lato della cucitura, nome e cognome dell’autore in corpo ridottissimo, sono in antitesi all’impostazione grafica della tesi di dottorato e opera prima di Georges Dumezil Le festin d’immortalité, stampato lo stesso anno dalla medesima tipografia. E’ un sussiegoso 8° pubblicato, sotto l’egida del Ministero dell’Istruzione Pubblica e delle Belle Arti, dalla Libraire Orientaliste Paul Gathner; 34° volume della Biblioteheque d’études degli Annales du Musé Guimet, il cui profilo è in bella mostra in un vignetta di gusto antiquario in copertina; dove ad esclusione del titolo in carattere egizio di dubbio gusto, per il testo restante è un romano bodoniano slanciato e dall’occhio stretto, composto in monotype o linotype. L’antitesi è ancora più stridente per la siderale distanza che intercorre fra i due autori. Il primo surrealista, comunista trotskista e infine membro del Partito socialista unificato francese; il secondo storico delle religioni, linguista, filologo, massone, che alla fine degli anni settanta diventa membro del comitato di patronato della Revue Nouvelle Ecole diretta da Alain de Benoist, esercitando un’influenza non irrilevante su La Nouvelle Droit. Non casualmente il denso numero 21/22 dell’inverno 1972-1973 è dedicato a Dumezil. Carlo Ginzburg, un decennio dopo, in Mitologia germanica e nazismo. Su un vecchio libro di Georges Dumézil («Quaderni storici», 19, 1984, pp. 857–882), in merito a Mythes et dieux des Germains, essai d’interprétation comparative, ravvisa a tratti «una malcelata simpatia ideologica per la cultura nazista». Impressione ricusata con decisione dallo stesso Dumezil e da Didier Eribon. Da segnalare, tuttavia, la dedica a stampa de Le festin d’immortalité – “affectuosament” si legge – a Pierre Gaxotte; giornalista, storico, accademico di Francia, noto per la posizione critica sulla Rivoluzione Francese https://lanuovabq.it/it/pierre-gaxotte-uno-studioso-contro-il-giacobinismo, che nel 1914 si avvicina all’Action Française e dal 1930 al 1940 scrive per il settimanale di chiara marca fascista “Je suis partout”, di cui assume informalmente la direzione, e contestualmente collabora a “Gringoire”, ebdomadario politico e letterario reazionario. Luigi Manias




